AQUILEIA NELLA CHIESA UN PO’ DI STORIA

Il Santo Padre inizierà la sua visita pastorale da Aquileia, terra evangelizzata secondo la tradizione da san Marco e sede dell’antico Patriarcato (che è esistito dal 568 al 1751, anno della sua soppressione) che amministrava un’area vastissima con al centro l’odierno Friuli Venezia Giulia.

Il Patriarcato di Aquileia ha rappresentato la più grande diocesi (territorio affidato ad un vescovo) e metropolia ecclesiastica (provincia ecclesiastica costituita da più diocesi) di tutto il Medioevo europeo, seconda in dignità solo a Roma.

Fino all’anno 811 esercitava la sua giurisdizione ecclesiastica dal fiume Danubio (a nord) all’Istria (a sud) e dal lago Balaton (a est) a Como (a ovest). Comprendeva popoli di lingua ed etnia diversi, unendo il mondo latino con quello germanico e quello slavo.

Cuore della visita del Papa ad Aquileia sarà la Basilica paleocristiana eretta nel 313 d.C. per volere del vescovo Teodosio. Aquileia romana, capoluogo dapprima della “Decima regio” augustea (da Pola a Cremona) e poi, dall’età di Diocleziano, della provincia della “Venetia et Histria”, quando era la quarta città d’Italia, divenne ben presto sede episcopale e questa nel V secolo ebbe autorità metropolitica alla pari di Milano: le due metropoli furono definite “urbes splendidissimae” (città piene di splendore)…

La grandezza di Aquileia derivava dalla sua importanza politica, amministrativa, culturale e commerciale: vi facevano capo molte vie di comunicazione terrestri e marittime, che rendevano possibili a tutta l’Italia settentrionale rapporti con l’Africa, con l’Oriente, con le regioni transalpine e con le Gallie. marittime, che rendevano possibili a tutta l’Italia settentrionale rapporti con l’Africa, con l’Oriente, con le regioni transalpine e con le Gallie.

La Chiesa di Aquileia, che poté gloriarsi di un grande numero di martiri, soprattutto al tempo delle persecuzioni dell’imperatore Diocleziano, si inserì in questo sistema di rapporti e divenne ben presto centro dinamico e autorevole nella cristianizzazione delle terre altoadriatiche e della Savia, del Norico e della Pannonia.

Nel quarto secolo l’Aquileia cristiana sviluppò un’intensa e nobile produzione letteraria ad opera dei suoi vescovi (tra cui Fortunaziano e San Cromazio) e di illustri figure (come Rufino e San Girolamo di Stridone). Vivaci e costruttivi furono inoltre i rapporti con grandi personalità come Sant’Atanasio, Sant’Ambrogio, San Giovanni Crisostomo.

Per combattere la diffusione dell’eresia ariana che ad un certo punto aveva prevalso anche a Milano, fu convocato un concilio ad Aquileia il 3 settembre 381, come era appena stato celebrato per l’oriente a Costantinopoli: quel concilio si tenne sotto la presidenza del vescovo Valeriano, con sant’Ambrogio di Milano protagonista e condannò definitivamente l’arianesimo. Aquileia era diventata un punto di riferimento per la Chiesa Occidentale.

Nel declino della parte occidentale dell’impero, anche Aquileia fu coinvolta, in modo speciale per effetto della devastazione recata dagli Unni di Attila nel 452. La sua Chiesa, che si era però già largamente diramata in molti centri (ad esempio, a Padova, Verona, Concordia, Parenzo, Pola, Lubiana), con un’azione missionaria giunta fino al Danubio, non soltanto sopravvisse a quella devastazione ma trasmise la sua vitalità e la sua cultura a tutto il territorio assumendo un’autorità primaria anche in campo civile in un tempo in cui tutti gli altri riferimenti erano crollati.

Il suo patrimonio culturale, spirituale e artistico migrò a Grado, e qui trovò rifugio il clero aquileiese col suo vescovo, che dalla seconda metà del secolo VI si fregiò del titolo patriarcale. Nel 568 erano giunti in Italia i Longobardi e nello stesso tempo la Chiesa di Aquileia, con l’intenzione di mantenersi fedele al concilio ecumenico di Calcedonia (451), osò staccarsi dalla fedeltà a Roma: nacque lo scisma detto dei “Tre Capitoli” che durò quasi un secolo e mezzo e fu, insieme alla situazione politica, causa della divisione del patriarcato in due settori: uno, continentale, sotto influenza prima longobarda e poi carolingia fece capo ad Aquileia (e in seguito a Cividale) e l’altro, lungo le coste adriatiche, ebbe sede a Grado, sotto l’influenza prima bizantina e poi veneta; da Grado poi il titolo patriarcale sarebbe passato a Venezia nel 1451.

A Grado, nella basilica di S. Eufemia, il patriarca Elia riunì nel 579 un concilio provinciale con i suoi suffraganei, che vollero pronunciarsi rispettosi della “fides sanctorum patrum” (la fede dei santi padri), definita allora come primo ed immutabile fondamento. Erano presenti i vescovi di Oderzo, di Teurnia (Sankt Peter im Holz), di Altino, di Cissa, di Padova, di Celeia/ Celje, di Concordia, di Emona/Lubiana, di Pola, di Zuglio, di Verona, di Parenzo, di Aguntum (Lienz), di Sabiona, di Trento, di Feltre, di Pédena e di Scarabantia/Sopron.

Negli stessi anni risultavano fedeli ad Aquileia altri vescovi: quelli di Vicenza, di Treviso, di Asolo, di Belluno, di Virunum (Klagenfurt) e di Augusta Videlicorum (Augsburg). A sostegno delle affermazioni aquileiesi, scelse di passare nella provincia ecclesiastica di Aquileia anche l’episcopato di Como, che rimase legato ad Aquileia fino al Settecento. Nel pieno della sua espansione, alla fine secolo sesto, la metropoli di Aquileia guidava una trentina di diocesi al di qua e al di là delle Alpi orientali.

Nell’età carolingia, che portò alla prima ricostruzione della basilica patriarcale, dedicata alla Madre di Dio e ai Santi Pietro e Marco, proprio da Aquileia si diffuse il culto all’Evangelista Marco, ritenuto primo evangelizzatore delle genti altoadriatiche: dall’828 il suo culto si affermò anche a Venezia.

Nel 1031 la stessa basilica venne rifatta e consacrata per iniziativa del patriarca Poppone che nell’occasione fu affiancato, oltre che da due cardinali di Roma, dai vescovi di Belluno, Brescia, Ceneda, Cittanova d’Istria, Concordia, Feltre, Padova, Pédena, Pola, Trento e Trieste.

Anche in quest’occasione, com’era già avvenuto nell’827 a Mantova e come si sarebbe ripetuto altre volte, fino al sinodo provinciale del 1596, si espresse l’omaggio devoto alla Chiesa madre di Aquileia e si precisò contemporaneamente la coscienza della propria identità attraverso le radici e l’identità stessa di Aquileia.

Tra il 1077 e il 1420 i patriarchi di Aquileia esercitarono su una piccola parte della diocesi anche un potere temporale, senza che questo diminuisse il significato storico e culturale della dimensione sovranazionale del patriarcato.

Nel 1451 venne soppresso il patriarcato di Grado e il suo titolo trasferito al vescovo di Castello (e più tardi a Venezia), mentre il patriarcato di Aquileia continuò a essere diviso tra una larga parte nell’Impero e una minore in terra veneta, il che comportò gravi limitazioni nell’azione pastorale: facendo fronte alle esigenze pastorali e alle richieste che venivano sia dall’Impero che dal dominio veneto, il papa Benedetto XIV nel 1751 si sentì costretto a sopprimere l’antica e gloriosa istituzione che fu sostituita dall’arcidiocesi di Gorizia (1752) per le terre imperiali e da quella di Udine (1753) per le terre venete.

Le diocesi “nate” da Aquileia

Il Patriarcato di Aquileia – autentica “Chiesa madre” per i territori del Nordest in quanto terra evangelizzata, secondo la tradizione, da S. Marco – comprendeva popoli di lingua ed etnia latina, germanica e slava. Le Chiese attuali comprese nell’area dell’antica diocesi di Aquileia sono nove: Udine, Gorizia, Concordia – Pordenone, Vittorio Veneto (Ceneda), Belluno – Feltre, Capodistria, Lubiana, Maribor (Celje) e Klagenfurt.

Ma il dato più interessante viene dall’elenco e dal numero delle diocesi appartenenti alla ben più vasta metropolia di Aquileia: risultano 57 (di cui 36 tuttora esistenti). Ecco le 36 Chiese attualmente esistenti e “nate” da Aquileia.

In Italia (17): Venezia, Gorizia, Udine, Trieste, Concordia-Pordenone, Belluno-Feltre, Vittorio Veneto, Treviso, Padova, Chioggia, Rovigo, Vicenza, Verona, Trento, Bolzano-Bressanone, Mantova, Como.
In Slovenia (6): Capodistria, Lubiana, Maribor, Celje, Novo Mesto, Murska Sobota.
In Croazia (3): Parenzo – Pola, Veglia, Zagabria.
In Austria (fino al secolo VIII) (7): Innsbruck, Salisburgo, Klagenfurt, Graz, Eisenstadt, Vienna, Linz.
In Germania (fino al secolo VIII) (3): Monaco- Freising, Augsburg, Regensburg–Passau.

E queste sono le 21 diocesi nate da Aquileia e oggi “soppresse”.
In Friuli Venezia Giulia (2): Iulium Carnicum (Zuglio) e Grado. In Alto Adige (1 ): Sabiona. In Veneto (10): Asolo, Altino, Oderzo, Olivolo (Castello-Venezia), Caorle, Torcello, Eraclea, Malamocco, Jesolo, Equilio. In Tirolo (1): Aguntum (Lienz). In Carinzia (1): Teurnia (Spittal). In Slovenia (1): Poetovim– Ptuj. In Croazia (4): Ossero, Pedena, Cittanova, Cissa– Rovigno. In Ungheria (1): Scarobantia – Sopron.

don Carlo Gervasi

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