29.01.2017 – don Carlo scrive:
Carissimi Federica, Maddalena e Rocco,
ieri sera e oggi mi sono ritrovato a “continuare” come se le due settimane scorse e la nostra azione qui fossero in qualche modo la stessa cosa. Cioè come se tutto fosse stato “familiare”.
Penso che dipenda da due cose:
1) nessuno era giù da solo e la nostra compagnia portava con sé ciò che ci tiene in piedi qui.
2) lì abbiamo incontrato e condiviso momenti con Mons Musiè e con i suoi collaboratori, con Mons L. C. Matheus, le sue suore, ecc.: in realtà questa gente fa parte della nostra stessa “famiglia”, la comunità cristiana, e questo abbatte l’estraneità, rende ogni luogo familiare.
Mandi
27.01.2017- Federica scrive:
Buongiorno oggi ultimo giorno. Visita al museo e preparativi per partenza. Questa sera 22,50 aereo per rientro in Italia. Arrivo previsto a Venezia 14 cca. Buona giornata
27.01.2017 – Rocco scrive:
Qui la preghiera entra nel cuore e nella mente attraverso il canto, il ritmo dei tamburi e del sistro.
26.01.2017 – Maddalena scrive:
Mentre l’alba rischiara il ns trasferimento da Bahir Dar ad Addis Abeba rifletto sui giorni trascorsi in questa terra ricca di storia e di spiritualità.
L’Etiopia va assorbita lentamente come lento è il ritmo del tempo, scandito dai passi della gente che principalmente si sposta a piedi da un luogo all’altro (cosa da noi del tutto dimenticata).
La dimensione contadina è quella che prevale e il cuore non può che andare ai miei primi anni di vita a Beano con i nonni…
Qui l’aratro è ancora tirata dai buoi ma in molte baracche c’e la parabolica e anche le suore più minute e dolci hanno il cellulare!
Sarei io disposta a vivere in 5 mq senz’acqua col fuoco fuori x cuocere il cibo e la polvere compagna di ogni giorno?
Sento poco gli odori (1 fortuna in qs circostanze) ma percepisco bene la polvere che impregna i ns vestiti e ci infastidisce un po.
Le persone che abbiamo incontrato, i 2 vescovi i volontari le suore ci parlano di 1 gr volontà di lavoro di miglioramento di rinnovamento di condivisione.
La ns piccola parte in qs storia è stata la Messa quotidiana e le preghiere che hanno scandito l’inizio e la fine delle ns giornate e che oltre ad arricchire spiritualmente noi hanno coinvolto tutto ciò che ci circonda.
25.01.2017 – don Carlo scrive
Carissimi,
oggi abbiamo fatto i turisti e pregato per la nuova diocesi di Bahir Dar.
Visita di tre monasteri ortodossi sul lago Tana … uccelli, ippopotami, pescatori sulle barche di papiro costruite come tremila anni fa, cascate del Nilo Azzurro.
Poi stasera abbiamo cenato di nuovo con il vescovo “Eparca Lisanu-Christos Matewus”.
È un grande: dice anche le cose che nessuno dice dell’Africa e dell’Etiopia.
1) ha detto che i problemi più gravi sono la famiglia/matrimonio e che la vita non vale/violenza
2) quando una donna di questa regione (amhara) ha quattro o cinque bambini normalmente sono di 4/5 uomini diversi che poi la abbandonano. Quest’anno due coppie cattoliche si sono sposate con sacramento indissolubile e ne ha parlato tutta la città. Molti vogliono diventare cattolici perché vogliono che il matrimonio duri.
3) quando uno subisce un torto, se ne va via zitto, si prepara, torna e uccide l’avversario, poi scappa ad Addis Abeba o da un’altra parte. Quasi tutte le persone amhara che in capitale fanno guardia armata hanno storie così.
4) questo vescovo non ha la chiesa cattedrale e attende dal governo il terreno (in Etiopia formalmente non c’è proprietà privata) e ha detto che questa è una questione prioritaria. Gli abbiamo promesso che preghiamo per questo.
5) curiosità etiopiche: l’altro giorno, in macchina, a Gondar, al nostro autista Giuseppe (bravissimo) chiedo: “ma come fanno a lasciare questi buchi giganteschi nella strada davanti all’ingresso dell’Università?” Risposta: “chi copre buchi?” (!?!?!)
6) stasera festa in arcivescovado con diversi suoi collaboratori, a conclusione: un canto in friulano, uno dell’oromia, uno amhara, uno in amarico, uno delle Filippine. Di questa gente di sicuro non possiamo dimenticarci.
7) Rocco oggi ha provato a parlare amarico facendo ridere tutti. Ormai siamo sulla via del ritorno …
24.01.2017 – don Carlo scrive:
Carissimi, questa sera siamo ospiti del vescovo della nuova diocesi di Bahir Dar, in riva al lago Tana, ma andiamo per ordine.
Questa mattina siamo andati in cerca della Dabra Bernan Selassiè, chiesa monastero fortificata, alla periferia di Gondar, costruita nel 1600, passata indenne attraverso scorrerie e devastazioni, con un ciclo di dipinti eccezionale.
Eravamo lì la mattina e la chiesa era molto frequentata dai fedeli.
Poi abbiamo fatto deviazione a Gorgora per Dabrasina, la chiesa rotonda con il più antico (e completo) ciclo di dipinti della regione del lago Tana: un gioiello sperduto in capo al mondo.
E veniamo alla sorpresa dell’incontro con Abuna Matheus di anni 55, da un anno e mezzo vescovo di questa diocesi nuova, appena costituita.
1) diocesi grande quanto l’Italia, molti milioni di persone, 13.000 cattolici, 26 comunità con la chiesa più le cappelle. Per visitarle viaggia in aereo, fino a oltre 800 km.
2) lo scorso anno a Pasqua 300 battesimi, per quest’anno si preparano in oltre 200.
3) sapete quanti parroci ha? Uno!!! (c’è qualche religioso)
4) quest’anno sono arrivate tre suore: una è la responsabile di tutta la pastorale, una gestisce tutta l’economia e la terza è responsabile di tutte le opere educative.
5) ha intenzione di aprire una scuola materna in tutte le comunità.
6) ha detto: «pensano che noi cattolici siamo ricchi, ma non è così, siamo poveri ma crediamo nella Provvidenza e facciamo parte della Chiesa Universale»
7) ha detto che la situazione di minoranza fa sì che non ci si possa permettere di dare scandalo, e mentre io pensavo agli scandali che ci sono da noi, lui ha esemplificato dicendo «non si può, per esempio, eccedere nel bere o farsi vedere arrabbiati».
Bè, qui, con tutte le difficoltà e con i limiti che ci sono, c’è una esperienza di Chiesa in piena tensione missionaria, senza nessuna paura del futuro.
Anzi, hanno paura per la nostra situazione in Occidente.
Noi stiamo bene.
23.01.2017 – don Carlo scrive:
Vi mando due immagini da un mondo “lontano” che ha popolato anche la grande opera di Tolkien: oggi siamo nel “Regno di Gondar”
23.01.2017 – Federica scrive:
Oggi – fuori programma – siamo arrivati a Gondar per visitare il famoso castello.
È assolutamente inaspettato trovare in un paese così povero, dove la maggior parte della gente vive in tucul o abitazioni di terra o di mattoni molto piccole, una costruzione così imponente che risale al 1.600.
Molto commovente è stato l’incontro fatto fuori dal castello dove ci ha raggiunto la mamma con il ragazzino che un anno fa Rocco aveva aiutato per un’operazione alla vescica a Trieste e del quale non aveva avuto più notizie da quando era rientrato in Etiopia.
La misericordia non ha confini…..
22.01.2017 – don Carlo scrive:
All’inizio del mille lo sceicco Al Akim ha distrutto il Santo Sepolcro a Gerusalemme, poi è seguito il tempo delle crociate.
Gli etiopi, tagliati fuori dalla Terra Santa, hanno deciso di costruire la loro città santa a Lalibela: un luogo di pellegrinaggio quasi inacessibile, per arrivarci si supera un passo di oltre 3500 m.
A quei tempi in Europa si costruivano le cattedrali gotiche e qui si sono messi all’opera scavando la roccia basaltica (la tradizione dice che hanno lavorato 24 anni aiutati dagli angeli) e creando un luogo meraviglioso, ricco di storia e di fede che è tuttora cuore e simbolo dell’intero paese.
Un popolo diverso da noi, una cultura, una terra diverse: la stessa fede in Cristo Salvatore.
Anche oggi i pellegrini continuano ad arrivare …
22.01.2017 – Rocco scrive:
Non siamo qui solo in veste di visitatori. Certo la bellezza dei dipinti della Cattedrale di Emdibir e le chiese scavate nella roccia di Lalibela affascinano un cristiano.
Ma noi siamo qui in pellegrinaggio, in preghiera.
In pellegrinaggio non solo per noi, ma per l’intera comunità di S. Marco.
Infatti non ci limitiamo solo a visitare le chiese, ma ci fermiamo a pregare.
È straordinario poi vedere quanto la gente venga qui anche da lontano e si raccolga in un silenzio di preghiera.
È il caso di una monaca che ha fatto un pellegrinaggio a piedi scalzi da un posto lontano 42 km (di strade sterrate e tortuose).
21.01.2017 – Rocco scrive:
Oggi pomeriggio abbiamo visitato le prime 6 chiese di Lalibela che fanno parte del primo gruppo di chiese e simboleggiano la Terra Santa di Gerusalemme.
I pellegrini infatti partivano dall’Etiopia per recarsi in pellegrinaggio sino alla Terra Santa.
Questo pellegrinaggio durava anche 2 – 3 anni e il 50% dei pellegrini neanche arrivava alla meta perché moriva per strada.
Poi giunsero i musulmani che si insidiarono tra queste terre e Gerusalemme e i pellegrinaggi non furono più possibili.
Nell’undicesimo secolo il Re e prete Lalibela ordinò la costruzione della prima chiesa monolitica.
In questo gruppo di chiese quella del Salvatore del mondo, la chiesa di Santa Maria (la prima chiesa costruita dal Re e prete Lalibela) con dipinti molto belli, la piccola chiesa di Santa Croce, la chiesa delle 36 Vergini, la doppia chiesa di S. Michele con il Sinai e il Golgota dove entrano solo gli uomini.
Il 5 febbraio vi spiegheremo più in dettaglio il sito che stiamo visitando.
20.01.2017 – don Carlo scrive:
Allora, seconda puntata!
Oggi giornata di trasferimento da Addis Abeba verso nord (Woldia) = quasi 600 km in 11,5 ore saltando pranzo. Non male per l’Africa.
1) abbiamo attraversato regioni vulcaniche montagnose molto abitate e a tratti coltivate (cereali, mais, canna da zucchero, droga …) con una grande quantità di bovini, capre, pecore, cammelli, asini, e c’erano anche le scimmie …
2) Una grande quantità di moschee nuove (ci dicono che sono pagate dall’Arabia Saudita) e si comincia a vedere donne completamente velate. Per me è quasi un miracolo che non sia ancora arrivato il fondamentalismo.
3) ogni centro, o grosso villaggio è presidiato da poliziotti/militari bene armati (kalasnikov).
4) c’è in atto una grande trasformazione: qui già tutti sono passati dal tucul (capanna rotonda di legno, paglia e fango) alla “casa” col tetto in lamiera. Vuol dire che la regione del Guraghe, quella del vescovo Musiè, è molto più povera. Lì nelle campaign’s sono ancora molti quelli in tucul.
5) oggi è festa di San Michele e lungo la strada (la strada è il luogo della vita sociale, come le nostre piazze) i giovani cristiani in festa riempivano tutto, così bisognava inventarsi un’alternativa per passare.
6) stiamo andando verso la città santa di Lalibela e domani abbiamo ancora 5 ore di strada peggiore di quella di oggi. Il nostro autista (nome italiano Giuseppe) dice che quelli che partivano in pellegrinaggio dalla regione di Addis Abeba, come abbiamo fatto noi, ci mettevano circa quattro mesi!!!! Per ricordare che siamo in pellegrinaggio, stasera messa in albergo.
7) file, allegati, immagini sono bloccate. Faremo un tentativo per bypassare …
19.01.2017 – don Carlo scrive:
Oggi la grande liturgia di Epifania/Battesimo di Gesù con alla fine benedizione del fiume con spruzzate d’acqua da ogni parte.
Un grande senso del Mistero e della Festa con una grande manifestazione di popolo.
Le chiese orientali sottolineano che è proprio al momento del Battesimo che Gesù si manifesta al mondo attraverso la voce del Padre che dice «Questo è mio Figlio».
La Cattedrale completamente dipinta di Emdibir è una “cornice” strepitosa per le celebrazioni liturgiche.
Quasi tutti erano rivestiti di bianco per la festa. Io ho concelebrato con il Vescovo Musiè.
18.01.2017 – don Carlo scrive:
Avevo difficoltà di connessione, che permangono per le immagini.
Alcune cose che mi hanno colpito in sintesi:
1) il vescovo Musiè ci ha salutati con “Benvenuti in Terra Santa”.
2) Una accoglienza, disponibilità, attenzione da parte di tutti quaggiù. Come quando in Europa, in epoca medievale, accoglievano i pellegrini e li servivano!
3) l’Etiopia è piena di gente! Siamo fuori dalla capitale Addis Abeba che è una megalopoli inquinata, un mondo a sè. Abbiamo visto villaggi dove non c’è né acqua nè corrente, c’è una vivacità sorprendente è la gente non sta chiusa in casa, sono in strada, nei campi o ai mercati.
4) il lavoro che abbiamo visto, iniziativa della chiesa cattolica etiope (minoranza, meno dell’ 1℅): chiese, luoghi di incontro, scuole, cliniche, è eccezionale vista la situazione, e dipende molto dagli aiuti che arrivano.
5) in molti posti si vede le donne che lavorano e pochi uomini che lo fanno
6) io vengo da una famiglia contadina: molti particolari fanno venire in mente la nostra terra o la Carnia (per le zone montane) di 50 anni fa
7) è una terra dove potrebbe crescere quasi di tutto
8) oggi abbiamo partecipato alla liturgia della vigilia della grande festa di domani: una sensibilità liturgica diversa dalla nostra: canti ritmati accompagnati dai tamburi molto coinvolgenti, con la riproposizione continua dello stesso contenuto con tonalità, ritmi e figure diverse (in un’ora e mezza di liturgia hanno ripetuto solo tre frasi!)
9) a Wegepeche un gruppo di persone era venuto dal vescovo a chiedere di diventare cattolici. Adesso hanno una scuola materna con un maestro e una maestra e stanno costruendo la chiesa (costruzione ferma perché mancano soldi). Sono tra la gente più povera che ho visto qui: ci hanno offerto le bibite e ci hanno fatto il caffè artigianalmente (partendo dai semi verdi), con letizia!
10) è bella gente! i bambini sono simpaticissimi e quando vedono gli occidentali hanno due parole preferite: “caramella” e “foto”.
11) c’è stato “qualche” disordine, ne abbiamo visto i segni rimasti
12) qui c’è bisogno di san Benedetto (= di altri che facciano come lui) … …
Provo ad attaccare delle foto, ma non partono…
17.01.2017 – Rocco scrive:
Siamo a Emdibir.
Ieri abbiamo visitato il villaggio di Shebraber dove c’è la scuola che abbiamo contribuito a costruire.
Abbiamo visitato anche una clinica dove lavora una delle suore dal volto radioso.
Nel pomeriggio abbiamo visitato la bellissima cattedrale di Emdibir con i magnifici dipinti.
Oggi don Carlo ha iniziato, con la giusta luce, a fotografare le pitture.
Poi in mattinata siamo andati Wegepeche. Il parroco ci ha fatto visitare la scuola.
È stato meraviglioso stare in mezzo ai bambini della scuola. A tutti abbiamo distribuito una caramella, per loro è un dono prezioso.
Poi ci siamo fermati al mercato. Vedere con i propri occhi è un’altra cosa.
Ringraziate i parrocchiani per i vestiti e la cancelleria che ci hanno dato da portare giù. 3 valigie pienissime.
Non sapete quanto ci hanno ringraziato.
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